-di Sherif Awad
Specialmente per www.MeetingVenus.com
I miei genitori hanno fatto i genitori. Mio padre è venuto a mancare quando era ancora piccola. La sua assenza è stata un’enorme presenza. A mia madre devo metà di quello che sono adesso, per il coraggio di avermi lasciato andare. Non sono figlia d’arte e questo è anche motivo di enorme libertà. Ho iniziato molto presto ad avvicinarmi sia alla recitazione che alla scrittura. Ho avuto un’infanzia e un’adolescenza decisamente difficili, per colpa di nessuno, le cose capitano e basta. La recitazione e la scrittura erano un modo per esprimermi e fuggire la realtà e mi hanno davvero, se non salvato, cambiato la vita.
-Non avevo modelli molto forti in quel periodo. Ho iniziato facendo teatro e per me il cinema era un’arte minore. Di certo non immaginavo che ne avrei fatto un lavoro quindi in quel periodo seguivo solo quello che amavo, per istinto. Poi a diciassette anni ho fatto il primo film con Arnoldo Foà e ho decisamente cambiato la mia idea sul cinema. E’ diventata la mia vera ossessione e la mia prima “lingua”.
-Provengo da una famiglia che ha sempre conosciuto solo due compromessi: studio e lavoro. Una disciplina quasi calvinista. E questo lo applico a tutto quello che ha a che fare con la creatività. Il vissuto fa il resto. L’arte è un gioco da prendere molto seriamente. Come fanno i bambini.
Ho iniziato da piccola al Laboratorio Nove di Firenze, poi ho avuto la fortuna di diplomarmi al Centro sperimentale di Roma come attrice e alla New York Film Academy di New York in digital Filmmaking. Nel frattempo mi sono Laureata in Scienze Politiche, Teorie e tecniche del Linguaggio cinematografico, ho frequentato un Master in sceneggiatura alla Roma International Film School e altri Master di cui alcuni all’Accademia Nazionale d’arte drammatica Silvio D’Amico. Non si può dire che non abbia studiato, ma l’incontro con alcuni professionisti ha fatto la differenza nel mio percorso. Inoltre tu fai sempre l’altra metà del lavoro, ىon esiste insegnante che possa insegnarti quello che devi imparare. E la crescita non finisce davvero mai…
-Metto la stessa professionalità e la stessa passione sia in progetti piccoli che in progetti grandi. La popolarità sicuramente semplifica certe dinamiche. Ma non mi sono mai concessa scelte troppo semplici, forse non le saprei neanche fare, i grandi numeri mi danno sempre la sensazione di aver sbagliato qualcosa, anche se indubbiamente semplificano la vita.
-Ho fatto e faccio parte di molte Associazioni di donne nel cinema. Le sfide sono tante ma non solo nel cinema.
In tutto quello che ho scritto – il manuale Glass ceiling, oltre il soffitto di vetro. Professionalità femminili nel cinema italiano (Ed. Edimond 2009) Premio Pari Opportunità per la Ricerca (2008) e Premio letterario Città di castello (2008); il racconto Un pittore senza tempo (2004) pubblicato nel libro di Ascanio Celestini Storie da legare (Ed. Della Meridiana 2008); il romanzo Memorie del cuscino (Ed. Castelvecchi 2009) Premio Afrodite (2010) per le donne nel cinema e Premio Livio Paoli (2010) per la letteratura Edita, il manuale Non ci casco più! (ed. Kowalski-Feltrinelli 2012); il romanzo Alice senza Meraviglie (ed. Pendragon 2016)- ho sempre affrontato queste tematiche, in alcuni casi in maniera “scientifica”, in altri con una traduzione narrativa.
Una produttrice incontrandomi a una riunione di associazioni di donne nell’audiovisivo recentemente mi ha detto: “ma tu queste cose le dicevi dieci anni fa…”
Le dicevo, le dicevano in molte prima di me, ma probabilmente bisogna continuare a parlarne. Alcune cose sono cambiate, ma ancora c’è tantissimo da fare, il retaggio culturale che ci vede costrette in certi ruoli a livello sociale è stato scardinato solo in minima parte.
Credo che per prime dovremmo smettere di chiedere scusa e di giustificarci come donne se: abbiamo successo o abbiamo fallito, siamo adulte o troppo giovani, siamo troppo grasse o troppo magre, vogliamo figli o non li vogliamo, siamo single o abbiamo quattro matrimoni alle spalle, siamo delle carrieriste o abbiamo abdicato ai nostri desideri per dedicarci a una vita più tranquilla. Ci sentiamo sempre in dovere di giustificarci davanti all’ennesimo sorrisetto giudicante dell’interlocutore che abbiamo davanti, forte di un retaggio culturale millenario.
Dobbiamo smettere di chiedere scusa, di preoccuparci del nostro futuro e passare all’azione occupandoci di fare qualcosa di concreto per mettere in atto un cambiamento. Nessuno lo può fare per noi. Se non lo facciamo la rappresentazione nel cinema e nell’arte più in generale (fa eccezione la letteratura) sarà sempre miope. E’ come se guardassimo il mondo con un occhio solo, che è quello del maschio medio bianco e occidentale. Quando una pluralità di sguardi sarebbe auspicabile e un valore per tutti noi.
A livello collettivo sarebbe fondamentale intervenire a livello di formazione, perché solo intervenendo sulle nuove generazioni i cambiamenti saranno davvero radicali.
-la situazione attuale delle arti è in crisi, come tutta la nostra economia da più di dieci anni. Ma le crisi sono terreno fertile per la creatività e, pur subendo questo stato di cose, ho visto nascere in questi anni un nuovo respiro di cinema che era in apnea da un bel po’.
-Ci sono motivi diversi per i quali accetto o non accetto quello che mi viene offerto sia come attrice che come autrice e regista. Nella maggior parte dei casi mi chiedo se quell’opera mi rappresenta e se avrei voglia di vederla come spettatore o di fruirla come lettrice. In altri casi sono occasioni di allenamento e condivisione.
-L’equilibrio tra la vita privata e professionale: Preferisco che rimangono in due stanze ben separate, in maniera che l’una non tolga spazio all’altra.
-Progetti attuali e futuri: Parlo solo di ciò che è già compiuto. Sono tanti i progetti che sto sviluppando come attrice, autrice e regista. Per adesso posso parlare solo di quello a breve termine: come attrice sarò sul set del nuovo film di Igor Biddau, Principesse e Streghe, che con leggerezza racconterà l’integrazione.